sabato 13 gennaio 2018

SINTESI

La tematica affrontata da questo blog è quella dei caratteri artificiali. Ma cosa significa artificiali? In esame saranno i caratteri posteriori al 1455, anno di invenzione della stampa a caratteri mobili.
A differenza dei "caratteri naturali", che variano da individuo a individuo, che cambiano secondo la calligrafia, i caratteri artificiali si differenziano avendo una rigida struttura ed essendo uniformati da elementi comuni. 
Per introdurre il contesto è stata creata una mappa concettuale e aggiunto il collegamento ad un articolo di Repubblica.
Data una definizione di carattere artificiale, è stato studiata la sua traduzione in diverse lingue e creato un relativo glossario poliglotta. 
Sempre di pari passo all'evoluzione tecnologica il carattere ha mutato i propri materiali costitutivi, forme e funzioni

Se l'invenzione della scrittura fu la prima rivoluzione che diede vita a i caratteri artificiali, a metà anni 80 la rivoluzione tecnologica ha nuovamente cambiato le cose. Questo è riscontrabile in molti post, dove l'argomento verrà diviso in due parti: pre e post rivoluzione digitale.

La ricerca è continuata attraverso l'analisi del cinema, della musica e della letteratura. Il fumetto, inteso come graphic novel, nella maggior parte dei casi, ammette l'utilizzo di caratteri naturali, e quindi non è stato preso in analisi.
Sono state indagate le specifiche e i grafici dei caratteri artificiali che oltre alle percentuali di utilizzo di un carattere rispetto all'altro hanno fatto emergere le particolari unità di misura presenti nel mondo della tipografia.
Semioticamente è emerso che i caratteri in se e di per se rappresentano dei simboli.
Per quanto riguarda i rischi si è parlato principalmente del periodo posteriore alla rivoluzione digitale e alle "problematiche" relative alle cattive scelte stilistiche. Successivamente sono state analizzate le tecnologie e le industrie.

Per quanto riguarda i luoghi, protagonista è ancora la rivoluzione digitale, che ha reso il nostro computer una pseudo-tipografia.
Sono stati analizzati i protagonisti, gli utilizzatori, che variano fra addetti ai lavori e noi tutti che scegliamo un font rispetto ad un'altro, i brevetti, le metafore e infine è stato realizzato un piccolo abbecedario dei caratteri artificiali.

mercoledì 10 gennaio 2018

LE METAFORE DEI CARATTERI ARTIFICIALI


Un'esempio di metafora dei caratteri artificiali è riscontrabile nei libri illustrati per bambini.
Ogni carattere viene in questi casi associato ad una cosa, così da rendere più semplice l'apprendimento.

























Un esempio calzante è l'Alfabetiere di Bruno Munari 


COMIC SANS

Un carattere problematico


I BREVETTI DEI CARATTERI ARTIFICIALI

Il primo carattere tipografico in assoluto fu brevettato ben 170 anni fa da George Bruce.
Pioniere tra l’altro dell’utilizzo dei brevetti, perché, quando la sfruttò, la legge in merito ai brevetti era stata approvata dal Congresso degli Stati Uniti da pochissimo.

Da buon industriale dotato di senso degli affari, Bruce ne approfittò subito e il 9 novembre 1842si aggiudicò il primo brevetto della storia americana per il design grazie proprio a un carattere tipografico.

Proprietario di una tipografia a New York, poi industriale con una fonderia, la passione per il mondo dei caratteri e della stampa gli rimase nel cuore e si dedicò per tutta la vita al design dei font e alla creazione degli stampi

Egli fu il primo ma susseguirono centinaia di brevetti.
Ad oggi i brevetti legati alla progettazione dei font superano il migliaio.



I MODELLI DEI CARATTERI ARTIFICIALI

La creazione di modelli, di prototipi per quanto riguarda i caratteri artificiali era utile prima della rivoluzione digitale. 
Allego un articolo interessante che tratta l'argomento e ne delinea il contesto.

Carattere Tipografico: dai primi prototipi grafici ai moderni caratteri

GLI UTILIZZATORI DEI CARATTERI ARTIFICIALI

Gli utilizzatori, grazie alla rivoluzione digitale, siamo tutti noi, che scrivendo un testo, da una relazione a un blog, decidiamo di utilizzare l'Helvetica al posto del Times New Roman o il Verdana.

Prima del digitale, gli utilizzatori erano i soli tipografi, quelli che componevano con i caratteri in piombo le griglie e poi le stampavano. 



LE STORIE E I PROTAGONISTI DEI CARATTERI ARTIFICIALI

La storia dei caratteri artificiali e le relative narrazioni hanno una storia più che millanaria. 

La seguente INFOGRAFICA ne fa un chiaro riassunto.


I LUOGHI DEI CARATTERI ARTIFICIALI

Fino agli anni 80 i luoghi dei caratteri artificiali sono state le tipografie 



























A partire dagli anni 80 i luoghi dei caratteri artificiali sono aumentati esponenzialmente.
E' lecito pensare che i luoghi oggi siano tutti i nostri computer, e chiunque possa essere un tipografo.




LE INDUSTRIE DEI CARATTERI ARTIFICIALI

Agli albori della storia della stampa non erano necessarie le industrie, fabbro e punzonatore davano vita ai caratteri. 

Ma a partire dall'era della meccanizzazione fino a metà anni 80  la produzione di caratteri, e la loro diffusione, è stata subordinata alle industrie.






In particolare l'industria del piombo è stata essenziale per la fusione delle nostre amate lettere tipografiche. Ma anche quella del ferro e dell'acciaio, che producevano i pezzi per i macchinari da stampa.



Con la diffusione di internet, e degli word processor, la fusione dei caratteri è diventata sempre più obsoleta.
Nel 1989 nasce il primo negozio di font online, creato da Joan e Erik Spiekermann.


LE TECNOLOGIE DEI CARATTERI ARTIFICIALI

Per secoli l'avanzamento tecnologico ha segnato l'evoluzione dei caratteri e parallelamente quello delle macchine da stampa.
Fondamentale il passaggio attraverso due macchinari in particolare:

LINOTYPE
Macchina tipografica che compone e giustifica automaticamente le linee di caratteri dei testi[2]. Inventata nel 1881, fu la prima macchina per la composizione tipografica automatica e consentì notevoli aumenti di produttività. Il termine linotype è una contrazione line of types (colloquialmente line-o'-type), la linea di caratteri in metallo che la macchina è in grado di comporre automaticamente











MONOTYPE
Macchina da stampa, parente della Linotype in essa infatti c'è una sola matrice per ogni lettera, e si fonde quindi un solo carattere per volta. La macchina è più articolata della Linotype, in quanto esiste da una parte la tastiera, dall'altra la fonditrice.








La rivoluzione digitale e gli word processor hanno spinto però i caratteri oltre la tecnologia. 
Infatti, grazie al Personal Computer, il processo tecnologico è limitato all'inventiva dei progettisti in quanto il carattere ha raggiunto la sua massima diffusione ed evoluzione.

I RISCHI DEI CARATTERI ARTIFICIALI

Esistono due campi all'interno dei quali possiamo ricercare i rischi:i
l primo riguarda i caratteri intesi come realtà fisica. Il mondo della tipografia. 
I rischi principali sono:

La composizione tipografica,
apparentemente semplice ma in realtà un'arte a tutti gli effetti, 






L'inchiostrazione

















L'altro campo è quello della progettazione digitale. Molto più ampio oggigiorno.
I rischi più comuni sono:


La cattiva scelta stilistica, molto comune, o la malaprogettazione del carattere.













La rivoluzione digitale ha aumentato a dismisura il numero di rischi.
La tipografia è passata da riservata agli addetti ai lavori, a res pubblica, con relativi pregi e difetti.

I SIMBOLI DEI CARATTERI ARTIFICIALI

I caratteri stessi non sono altro che una serie di simboli. 
In senso lato, nel mondo dei caratteri e della tipografia, per descrivere i simboli è utilizzata la parola "glifi"

Un glifo, dal greco γλύφω, "incidere", in origine indicava un qualsiasi segno, inciso o dipinto, come ad esempio i glifi della scrittura maya o di quella egizia conosciuti invece come geroglifici. In tipografia, un glifo è una rappresentazione astratta di un grafema, di più grafemi o di parte di un grafema, senza porre attenzione alle caratteristiche stilistiche. In informatica così come in tipografia, il termine carattere si riferisce a un grafema, come lo troviamo nei sistemi di scrittura comuni. Mentre un grafema è un'unità di testo, un glifo è un'unità grafica. Per esempio, la sequenza <ffi> contiene tre grafemi ma sarà rappresentata da un solo glifo sia in TeX che in Unicode, perché i tre grafemi saranno combinati in una singola legatura. Viceversa, alcune macchine da scrivere richiedono l'uso di più glifi per scrivere un solo grafema: per esempio due trattini per un tratto lungo, oppure un apostrofo sopra un punto per un punto esclamativo. La maggior parte dei glifi in tipografia sono l'equivalente dei caratteri tipografici, che costituiscono le serie chiamate "tipi di carattere" oppure "fonti". 


(http://dizio.org/it/glifo)

domenica 7 gennaio 2018

GLOSSARIO TRILINGUE


I GRAFICI DEI CARATTERI ARTIFICIALI


LE SPECIFICHE DEI CARATTERI ARTIFICIALI

Unità di misura tipografiche

La principale unità di misura utilizzata oggi in tipografia è il punto (point), che chiamiamo punto elettronico (Adobe lo chiama punto PostScript perché è stato introdotto per la prima volta dal linguaggio PostScript) per distinguerlo da altre unità  di misura di cui parliamo più sotto. Corrisponde esattamente a 1/72 di pollice, cioè a 0.3527 mm (il 7 finale è periodico). Si abbrevia con pt.
Dodici punti formano una riga (in americano pica, pron. pàica) che corrisponde dunque a 1/6 di pollice, cioè 4.23 mm (con il 3 periodico). Solitamente si abbrevia con p.
Prima della introduzione del desktop publishing (tipografia mediante personal computer, a partire dal 1987 circa) venivano utilizzate altre unità di misura tipografiche. Infatti il punto elettronico non è il classico punto tipografico cui sono (o erano) abituati i tipografi e i compositori tradizionali.
Nell’Europa continentale, e in particolare in Italia, il punto che veniva utilizzato tradizionalmente era il punto Didot, pari ad esattamente 0.376065 mm. Dodici punti Didot formano una riga tipografica, detta anche cicero. Le unità elettroniche sono dunque inferiori di circa il 6% rispetto a quelle tradizionali europee.
Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, d’altra parte, il punto tradizionale (detto anche punto Pica) era pari ad esattamente 0.3514598 mm e dodici punti formavano una pica. Queste unità tradizionali britanniche avevano lo stesso nome delle unità elettroniche, ma altre misure. In pratica però, la differenza è così piccola (circa il 4 per mille) che queste unità (ormai scomparse) erano quasi equivalenti a quelle odierne elettroniche.

SINTESI

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